La guerra israelo-palestinese è un’aberrazione, per i civili coinvolti: da ambo le parti, si registrano atrocità quotidiane.
Con la Striscia di Gaza ormai ridotta in macerie, centinaia e centinaia di morti (soprattutto bambini inermi), c’è comunque da chiedersi come la falange militare di Hamas possa sostentare le sue milizie: dall’altra parte infatti abbiamo Israele, uno Stato economicamente forte, con un’esercito inquadrato ed ottimamente equipaggiato.
“Follow the Money”
Ovvero segui i quattrini: “C’è uno strumento per combattere Hamas. Bisogna tagliar loro i fondi”. Questa è la ricetta di Uzi Shaya, ex agente dello Shin Bet e del Mossad, che da oltre due decenni segue la scia dei dollari che giungono nelle tasche di Hamas: l’organizzazione conta difatti su un vero e proprio impero economico, con numeri strabilianti. “Nella Striscia entrano ogni anno circa 2 miliardi e mezzo di dollari“, secondo Shya, eppure non sembrerebbe, data la grande povertà che dilaga: sembra davvero che di quei soldi non ci sia traccia, andando per le strade (oramai devastate dalle bombe) di Gaza. Mille rivoli, nessuna traccia effettiva: dal solo Qatar arrivano (alla luce del sole) 360 milioni di dollari.
Dove finiscono i soldi
La montagna di denaro finisce dispersa nelle mani di 50mila operativi e funzionari di Hamas, che vivono (molto spesso) ben al sicuro e lontano dai pericoli reali; la benzina finisce spesso razionata, messa da parte nei tunnel sotterranei, non distribuita alla popolazione. Secondo il funzionario israeliano, l’organizzazione para-militare preleverebbe una percentuale dagli stipendi di molti affiliati, tassando poi qualunque merce venduta nei territori palestinesi: da questo commercio ricaverebbe un altro tesoretto economico (da 300 milioni di dollari l’anno).
A sentire poi l’agente, vi sarebbe poi un 30 % incamerato ( dei circa 800 milioni di dollari introdotti dall’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi) destinato all’armamento illegittimo delle truppe. Altri fondi arriverebbero poi dall’Iran; circa 100-150 milioni giungerebbero attraverso il Libano, venendo poi ulteriormente “ripuliti” attraverso una serie di operazioni gestite dalla Turchia, vero centro finanziario di Hamas.
Il ruolo dell’Italia
Si è poi scoperto che flussi di denaro verso Hamas passano anche dall’Europa, e incidentalmente dall’Italia, attraverso quelle che definibili come “false O.n.g”. (Organizzazioni non governative): alcuni controlli effettuati, hanno evidenziato conti italiani intestati ad un’ “Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese”, riconducibile all’architetto “genovese” Mohammad Hannoun, accusato di sostenere economicamente gruppi di kamikaze palestinesi.
Un’inchiesta della procura di Genova non era però approdata a nulla di concreto, anche a causa della mancata collaborazione palestinese: i conti correnti sono comunque stati chiusi nel 2021, dopo una serie di segnalazioni all’Antiriciclaggio. Il filone del terrorismo internazionale passa anche dal Belpaese.