Le “Guerre dei Poveri”: meno se ne parla e peggio sono | Il Futuro fa ormai acqua

Il conflitto tra Russia ed Ucraina sembra ormai essersi sedimentato su linee di trincea ben definite: intanto la guerra di logoramento sulle materie prime prosegue, seminando instabilità in giro per mezzo mondo.

guerre dei poveri

La distruzione delle riserve alimentari e degli asset di un paese nemico è una strategia primaria ovvero secondaria di aggressione: l’Ucraina, ad esempio, era il maggior esportatore di grano e cereali verso i Paesi Mediterranei e Nord Africani, con significative quote di export anche in Asia Centrale e Indo-pacifico.

Guerra ed economia

Quanto riportato, per dire che le strategie militari portano con sè una pianificazione di aggressione soprattutto economica, verso un Paese nemico: non si fanno guerre, senza un ritorno in termini finanziari. Stranamente, le guerra nel mondo seguono le economie di scala oppure le potenzialità economiche, relative a territori magari poveri, ma ricchissimi di potenzialità, dovute alla possibilità di sfruttarne le risorse, i minerali, i metalli, i combustibili fossili, le materie rare, etc.

Che siano commodities energetiche, alimentari o fossili, un conflitto viene scatenato sempre per una specifica ragione: dietro bandiere, slogan e rivendicazioni territoriali, etniche o religiose c’è sempre il vil denaro, lo sterco del diavolo. Come detto (esemplificando) l’aumento della pressione militare russa, con la guerra di aggressione all’Ucraina ha avuto un effetto domino, in primis sulle potenze regionali orientali, da sempre teatro di cruente e sanguinose crisi locali. Nel mondo, tutto si collega e “si tiene”, guerre comprese.

Conflitti occidentali (come l’ultimo, nel cuore dell’Europa) si riflettono anche su quello che una volta era considerato il Terzo Mondo, costretto a confrontarsi ancora di più con conflitti multi-territoriali: scontri che si compongono di poco hard power militare e di un eccesso di hard power economico; con l’instabilità incentivata, da un lato, dalla battaglia per l’approvvigionamento energetico; d’altro canto, l’esigenza di una “food diplomacy” favorisce la nascita di nuove partnership in regioni già coinvolte in contese economiche decennali.

Rovine dopo un conflitto – Photo FreePik Premium

Conflitti globali

L’Atlante dei Conflitti Globali, progetto targato U.E. riporta dati raccapriccianti: in tutti i paesi del mondo si registrano conflitti a causa dalla scarsità di risorse naturali o per il desiderio di accaparrarsi e sfruttare le ricchezze altrui. L’Atlante, un progetto finanziato dalle istituzioni e promosso da università, centri di ricerca e organizzazioni no profit a livello internazionale, ha rilevato la presenza di oltre 1.700 conflitti nel mondo riconducibili alla gestione delle risorse ambientali.

La maggior parte di questi conflitti sono di tipo socio-territoriale, perché coinvolgono comunità locali, movimenti e associazioni nella lotta per la tutela dei beni comuni (acqua, aria, foreste, ecosistemi, materie prime) e dei loro fondamentali diritti umani, messi in pericolo dalla realizzazione di infrastrutture (dighe, strade, oleodotti), dallo sfruttamento di giacimenti minerari (bauxite, uranio, rame, litio, etc.), di combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone).

Il futuro fa acqua

Il più alto numero di dispute censite si trova nei paesi del Sud del mondo: latitudini in cui si concentrano le maggiori risorse naturali, paesi nei quali si vivono periodi di forte crescita economica, la cui realizzazione è stata possibile attraverso uno sfruttamento insensato di ambiente, terre, materie prime, petrolio, uomini (in primis).

Governi deboli, democrazie fittizie,  impreparate e corrotte: a farne le spese sono le popolazioni locali, che pagano lo scotto della maledizione più grande: vivere in terre povere (potenzialmente ricchissime) che fanno gola ai Padroni del Mondo. E le guerre seguono i Padroni, come mastini della distruzione globale.

Le guerre di domani si combatteranno sempre di più per l’acqua, che già oggi rappresenta uno dei principali elementi di tensione e di conflittualità tra paesi: difatti 4 persone su 10 nel mondo vivono in bacini fluviali condivisi da due o più nazioni, e in questi anni il cambiamento climatico è stato responsabile della drammatica diminuzione delle risorse idriche mondiali (meno 20 per cento).

Guerre dei poveri
Photo by FreePik Premium

Proprio la scarsità d’acqua è, ad esempio, alle radici di una delle più cruente guerre ancora in corso (checchè se ne parli): quella siriana. Studi di geopolitica e strategia militare, tra cui una recente analisi del Parlamento Europeo, hanno evidenziato lo stretto collegamento tra siccità, cambiamenti climatici, degrado delle risorse ed esplosione di proteste e conflitti, su scala sempre più estesa. Il futuro che ci attende fa acqua (poca) da tutte le parti.

 

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