Lo avevamo annunciato e, come in molti si aspettavano e prevedevano, quel momento di festa e di grazia allo stesso tempo è arrivato nella Diocesi di Napoli.
La Vergine dell’Arco pellegrina al di fuori del suo Santuario: arrivata a Ponticelli, nella periferia Est della città partenopea, ed accolta da tantissimi fedeli che hanno affollato il luogo dove “si è trasferita” per un’intera settimana.
Tante e diverse le emozioni che si sono susseguite e la testimonianza vera l’hanno data alcuni dei protagonisti di questo momento.
Un’unica e sola voce ha accompagnato questa intera settimana di devozione e di fede che ha avuto l’onore di vivere un territorio della Diocesi di Napoli. Lo avevamo annunciato la scorsa settimana: la Vergine dell’Arco (meglio conosciuta con l’appellativo di Madonna dell’Arco) è diventata pellegrina, andando Lei stessa incontro ai fedeli che l’hanno acclamata al di fuori delle mura del suo Santuario.
Sì, perché dalla frazione omonima del Comune di Sant’Anastasia, in provincia di Napoli, la Madonna dell’Arco è arrivata, domenica 21 aprile, a Ponticelli presso la Parrocchia “Santa Croce” ed è rimasta lì per l’intera settimana, sino a domenica 28 aprile.
Tanti i fedeli che, anche da altre parrocchie, da altre diocesi, sono arrivati a Ponticelli per pregare ai piedi di questa sacra immagine, portata in pellegrinaggio all’interno della riproduzione del tempietto come quello del Santuario. E, come segno di devozione e di comunione, sono stati alcuni parroci del territorio a celebrare la Messa in questa settimana, uniti anche al priore del Santuario della Madonna dell’Arco (che ha aperto questa settimana di preghiera) e, anche con un altro sacerdote da sempre legato alla Vergine dell’Arco, e proveniente dalla Diocesi di Salerno.
Altrettanto tante potrebbero essere le testimonianze di grazie ricevute in questi giorni, quanto anche di semplici preghiere (tantissimi a dire il vero) che sono state innalzate alla Madonna dell’Arco. Abbiamo scelto, come dicevamo all’inizio, di scambiare quattro chiacchiere con 3 dei protagonisti di questo prezioso momento, cercando di farci spiegare da loro il perchè della bellezza di questa devozione ma, soprattutto, l’importanza di questo pellegrinaggio di Maria verso i suoi figli.
E lo abbiamo chiesto, in primis, al priore del Santuario della Madonna dell’Arco, padre Gianpaolo Pagano, che ha accompagnato l’ingresso dell’immagine della Vergine nella parrocchia di Santa Croce in Ponticelli:
Quando lei porta questo tempietto, riproduzione fedele di quello posto sull’altare nel Santuario della Madonna dell’Arco, cosa prova nel vedere tante persone accorrere da Maria?
La cosa che mi colpisce è che c’è questo movimento inverso. Di solito, è il battente che va dalla Madonna, ed ha quel movimento di mettersi in cammino e di chiedere. Quindi, nell’immaginario comune è come se Dio sia statico, o comunque la Madonna appare staticamente.
Invece, in questo movimento inverso della Peregrinatio, la Madonna assume un ruolo attivo: è lei stessa che va incontro ai suoi figli. Io, quando inizia la Peregrinatio, vedo proprio questa sollecitudine di una madre che va verso i suoi figli: quindi, anche se noi non ce ne accorgiamo, in fondo per quanto è necessario che noi facciamo il primo passo, alla fine il passo decisivo per crescere spiritualmente, per le grazie, lo fa sempre il Signore per noi, e quindi la Madonna”.
L’importanza di questo pellegrinaggio, però, non ci è spiegata solo dal Priore. Anche il presidente dell’UCO “Maria SS. Dell’Arco” di Santa Croce, Carmine Borrelli, che ha chiesto e voluto fortemente questo momento, ci dà un suo pensiero sulla bellezza di questo pellegrinaggio di Maria dai suoi figli: “Il quadro della Madonna dell’Arco a Ponticelli lo abbiamo voluto, anche, su richiesta di alcuni fedeli che, fortemente devoti, ci hanno fatto questa richiesta.
Da qui è nata, anche in quanto presidente di questa associazione, la necessità di fare le opportune richieste al Santuario e far sì che la Madonna venisse a visitare il nostro territorio, non solo per amore di chi lo aveva richiesto, ma anche di tutti i fedeli e cittadini di questo territorio”.
Scendendo nel dettaglio, ma questo è importante nella vita di un sacerdote, la devozione alla Madonna dell’Arco?
A questa domanda, ha risposto don Raffaele Villani, parroco della chiesa di “San Giovanni Battista” in Bracigliano (nella Diocesi di Salerno) che è stato uno dei sacerdoti “venuti da fuori diocesi di Napoli” a celebrare la Santa Messa ai piedi di Maria: “La prima cosa che mi viene da dire è che, per me, la Madonna dell’Arco è un ricordo. Un ricordo che mi viene dall’esperienza dei miei familiari, o meglio dai miei nonni.
Mia nonna era devotissima e molto legata all’immagine della Madonna dell’Arco, perché dalla Madonna dell’Arco lei ha ricevuto una grazia. E mi ricordo che tutte le volte che la domenica ci organizzavamo per andare al Santuario, per noi diventava una festa.
Nel tempo, nel cammino della mia vita, nel conquistare la maturità nei confronti della fede, mi sono accorto che la Madonna dell’Arco, come ogni altro titolo di Madonna, realmente mi è madre.
Nello specifico, la Madonna dell’Arco io la scorgo nella mia esistenza semplicemente come un’occasione nel dire a noi che, dalla violenza non bisogna guardare al pregiudizio di chi compie l’atto di violenza, ma che dalla violenza si può sempre risalire a un qualcosa di diverso, o meglio a un’occasione per cambiare la propria vita.
Perché questo: Maria quindi riceve un atto di irriverenza, un atto di violenza quando viene colpita al volto da una palla. Noi lo possiamo immaginare come un atto di rifiuto, un atto spregevole. Però mi metto nei panni della Madonna in quel momento: sicuramente lei avrà sorriso, perché ha compreso, non tanto il gesto, ma l’inconsapevolezza di quel gesto.
L’occasione che può offrire la Madonna dell’Arco è quella dell’espressione di Dio che, attraverso un gesto violento, ci chiede non di disprezzare i violenti, ma di amarli più profondamente”.
I battenti, i pellegrini di Maria: il priore ci spiega la valenza di questa devozione, presente anche a Ponticelli.
Scendendo più nel dettaglio, i protagonisti di questi eventi così particolari quanto speciali non sono solo i fedeli e tutto il popolo di Dio ma anche i battenti. E, proprio al Priore, abbiamo chiesto una sua opinione in merito:
A lei (è brutto a dirsi, però lo usiamo) piace quando, il Lunedì in Albis, aprendo le porte del Santuario, vedete tanti battenti con questo tipo di devozione? O la vedete più che altro come una rappresentazione folkloristica?
Guarda…tutti prima o poi ci imbattiamo in questa caduta del pregiudizio. Essere presenti il Lunedì in Albis ti rendi conto di quanta percentuale di folklore c’è. Però non puoi non vedere anche quello che sta dietro, che è innegabile.
Così come è innegabile il contenitore che porta avanti questa devozione, è innegabile che anche questa devozione porta un contenuto. Quindi, per quanto si possa storcere un po’ il naso, per quanto si possa essere anche un po’ infastiditi, in realtà non si può negare: chi ha veramente la coscienza retta e vuole approcciarsi ai battenti, non può negare che comunque dietro ci sta l’autentica fede cristiana”.
Anche don Raffaele Villani è della stessa opinione del Priore Pagano: “Una madre è sempre felice, al di là della condizione o del modo di come un figlio si possa presentare delle migliaia di battenti che arrivano da lei il Lunedì in Albis e non solo.
Maria è colei che attraverso gli occhi di Dio, ci guarda con gli occhi di Dio, ci guarda con gli occhi dell’amore. Sono convinto che a Maria non interessa nemmeno l’effettività del folklore dei battenti, ma più che altro lei guarda l’intenzione dei battenti che, sicuramente, anche se non sarà gente praticante, anche se non sarà gente sempre prossima alle celebrazioni, però in quel momento ha un’intenzione seria: quella di ringraziare la Madonna che si è resa madre”.
Ma è il priore del Santuario ad essere ancora più specifico sulla questione devozione dei battenti: “La percentuale, se si fa o meno con fede, sta in ognuno di noi. In ognuno di noi ci sta una percentuale di fede, una percentuale di superstizione, una percentuale di apparenza. Quello che c’è nel cuore penso che nessuno di noi lo possa sapere, molte volte lo ignoriamo anche di noi stessi. Quindi io su questo sospendo il giudizio: è una società, la nostra, più scristianizzata di 40, 50, 60 anni fa. Inevitabilmente, questo dato ha incarnato va incarnato anche nell’oggi.
Viviamo tutti immersi in un mondo scristianizzato, quindi è ipocrita puntare il dito verso queste manifestazioni, perché questa dimensione della doppiezza, dell’ambiguità della fede ce l’abbiamo tutti quanti noi in questo tempo in cui viviamo”.
A conclusione di questa chiacchierata dove abbiamo percorso, in lungo e in largo, del perchè di questa Peregrinatio, di quanta fede c’è in chi si avvicina alla Madonna dell’Arco (anche da parte di sacerdoti che vengono da altre Diocesi), abbiamo posto un’ultima, forse, decisiva domanda proprio al presidente dell’UCO che ha permesso l’arrivo di questo quadro nella periferia Est della città di Napoli:
Cos’ha significato per voi questo pellegrinaggio di Maria nel vostro territorio?
Tutto ciò ha un significato molto forte per noi: ogni anno, almeno due volte l’anno, come associazione di battenti, ci spostiamo dal nostro territorio e ci incamminiamo verso il Santuario della Madonna dell’Arco. In questa settimana, invece, è avvenuto il contrario: abbiamo avuto l’onore di avere Maria che si è incamminata verso di noi.
Il piacere, la soddisfazione di averla fra noi ci fa comprendere ancora di più quale momento di grazia stiamo vivendo ed abbiamo vissuto, non solo per noi, ma per l’intero nostro quartiere” – conclude Borrelli.
Titoli diversi, ma una sola grande devozione. Che la si chiami “Madonna dell’Arco” o con qualsiasi altro appellativo, da ogni parte e da ogni dove, è lei la vera Madre di ciascuno di noi.