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Dante stupisce ancora | Dopo 700 anni scoperto un codice segreto nella sua “opera magna”

Sembrava assurdo quanto impossibile o, meglio ancora, c’era anche chi pensava che potesse trattarsi tutto di una mera invenzione letteraria. Ma a quanto pare non è stato così.

Dopo 700 anni si è riusciti, finalmente, a dare una spiegazione concreta a quello che era un significato religioso nascosto in una delle più importanti opere della letteratura italiana.

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Vediamo insieme di cosa stiamo parlando e, soprattutto, come si è potuti arrivare a questa conclusione.

La Divina Commedia e il senso della religione?

Sembrava non esserci un nesso alcuno fra quelle che erano le sue terzine, metro letterario con le quali è scritta, e una serie di significati (anche religiosi) nascosti ed intrinsechi al suo interno. Cosa nasconde esattamente la Divina Commedia di Dante Alighieri? Semplice opera prima della lingua italiana, o anche qualcosa di molto di più?

Tante sono state le opere letterarie su di essa scritte, fra cui anche una possibile similitudine (quanto più vicina e vista) con il libro di Dan Brown “Il Codice da Vinci”. Ma cosa c’è di vero? Gli studi sono stati tanti e proseguiti nel corso degli anni e dei secoli e, oggi, a 700 anni di distanza, forse si è riusciti a dare una risposta ad una delle domande più “difficili” che Dante ci ha lasciato in eredità.

Grazie al lavoro di due scienziati dell’Università di Pisa e del Cnr, una particolare simbologia numerica presente nel canto XVII del Purgatorio, sembra aver dato risposta ad una serie di domande che, da tempo, affliggono letterati e non solo. Una sorta di vero e proprio “centro matematico” presente proprio in questo specifico canto: ad avere questa intuizione era stato Charles Singleton, professore ad Harvard.

photo: corrierefiorentino

Gli studiosi e gli schemi a croce

Ma in cosa consisteva? Disporre i canti a specchio, attraverso un rapporto basato sul numero dei versi di ogni canto e sulla somma delle cifre ottenute nel risultato. In sostanza, facciamo un esempio:

  • il secondo dell’Inferno ha 142 versi, quindi 1+4+2=7,
  • il terzo 136, a somma 10, tipica pratica numerologica medievale

Da questo calcolo, osservò e ne trasse fuori quello che sembrava un codice. Ma la “cosa” non morì lì. Nel 1985, Franco Nembrini, appassionato studioso di Dante, aggiunge un passo a quel ragionamento: colloca le cantiche una sopra all’altra, ed ecco che gli appare uno schema, con combinazioni e strutture a croce.

Schemi a croce, dove la somma fa 33 (come gli anni di Cristo), o 9 come gli anni che aveva Dante quando incontrò Beatrice. Ma anche forme a X, una per ogni cantica, che non si toccano e non si incrociano e dove una sola si sovrappone alla croce grande. Una tutta di numeri 7, quello della creazione, una tutta di 10, una di 13.

Sembra uno schema difficile, quasi assurdo anche a spiegarsi. Ma lo studio non è finito lì. Ecco che la coppia di scrittori Rita Monaldi e Francesco Sorti dà un ulteriore contributo allo studio. La missione diventa scoprire il mistero e scriverlo nell’appendice del loro terzo romanzo. Ci siamo rivolti a due matematici per capire quante probabilità ci fossero di essere di fronte a numeri casuali e non a un codice intenzionale: Andrea Esuli del Cnr e Paolo Ferragina, professore di algoritmi dell’Università di Pisa. Due scienziati toscani, come Dante” – spiegano in un’intervista a “Corriere Fiorentino”.

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La croce in quel canto del Purgatorio: a cosa serve?

“[…] La cosa incredibile è che non sarebbe mai stato possibile arrivarci in un’epoca precedente all’avvento dei computer […] Il fatto che il poema contenga anche uno schema matematico invisibile ai contemporanei ma comprensibile solo dai posteri 700 anni dopo, è qualcosa di davvero incredibile […] Sta al centro del Poema, sulla quarta delle sette colline, e parla di amore e libero arbitrio, del senso più profondo della Commedia” – continuano gli scrittori.

Ma c’è una spiegazione che tocca anche il religioso: “[…] Questo schema rientra perfettamente nel diagramma di Nembrini delle tre X, e non sarà un caso se quella del Paradiso è l’unica attaccata alla croce centrale, a contatto con Gesù. Perché per arrivare fino al Paradiso occorre appunto passare dalla croce. Ecco il “senso” che Dante dà al suo codice” – concludono.

Dopo 700 anni, Dante continua ancora a stupire.

Published by
Rosalia Gigliano