Ferrari: un nome che echeggia nel mondo, sinonimo di italianità, bellezza, potenza. Il fondatore del mito del Cavallino, Enzo, fu in realtà un uomo pieno di contraddizioni.
La vita del patron delle Scuderie Ferrari è diventata anche un film hollywoodiano, con protagonista Adam Driver: ma la sua biografia è ben più complessa di una pellicola da cinema.
Ferrari, l’uomo dietro il mito
Enzo Ferrari, il visionario italiano che fondò l’azienda automobilistica che ancora porta il suo nome, era un tipico prodotto del maschilismo novecentesco: ossessionato dalle auto e dalle donne, aveva poco tempo per tutto il resto, come rivela un famoso testo ripubblicato in concomitanza con il film. Stando a quanto riportato in “Enzo Ferrari: The Man and the Machine” del giornalista Brock Yates, il “grande” Enzo ebbe moglie, amanti a iosa, un figlio illegittimo e tante altre donne, da far impallidire chiunque. La sua voglia di conquista era tale che ebbe una relazione anche con la vedova di un suo pilota, morto in incidente, alla guida della Ferrari.
Sarebbe indi stato “uomo particolarmente rozzo”, che emetteva flatulenze in occasioni pubbliche, sboccato e volgare: sul lavoro era bulimico, tirannico, prepotente. Si preoccupava poco del benessere dei suoi piloti, al punto da fingere commozione dopo un incidente mortale, ai danni sempre di un suo pilota: “Ho fatto un buon lavoro nel fingere la mia tristezza”. In un’altra occasione, quando la moglie, distrutta dalla sua condotta, tentò di annegarsi in un fiume, Ferrari convocò i suoi meccanici (che avevano salvato la donna) per rimproverarli aspramente: “Se salta di nuovo, lasciatela lì dentro!”.
Il libro biografico
“Enzo Ferrari: The Man and the Machine” è stato pubblicato originariamente nel 1991, da Yates (morto nel 2016): la figlia del giornalista ha messo insieme la nuova edizione del libro, in concomitanza con l’uscita del film (ambientato nel 1957), che racconta un periodo di tumulti lavorativi e personali nella vita di Ferrari. Se oggi la scuderia di Maranello è conosciuta per le auto sportive di lusso ed il suo team di Formula 1, lo si deve ovviamente al piglio di Enzo, autoritario e diretto, ma anche molto deciso nelle sue scelte di mercato. Del resto il padre di Ferrari, Alfredo, operaio metalmeccanico, era a sua volta un uomo dispotico e brutale, che esigeva rispetto dai suoi figli e massimo silenzio, anzi sottomissione strisciante, da parte della madre di Enzo, Adalgisa Bisbini.
Il padre trattava la moglie come un’ “aiutante sessuale”, così il giovane Enzo imparò che le donne si dividevano in due categorie: “caste casalinghe” o “sgualdrine di bassa lega“. Insomma, un vero esempio di virtù italica, col fiero maschio a spadroneggiar per casa, come un despota assoluto, a comando disponendo di moglie e figli.
La personalità
Ferrari era un vincente (sul lavoro): sempre presente, arrogante quanto bastava, deciso; eppure maschilista, rozzo, ignorante e sentimentalmente freddo come una lama di ghiaccio. Divenne il tipico maschio italiano, a sentir Yates: “altezzoso, tirannico, ossessionato dal sesso, padrone posticcio”. Aderì al fascismo perchè serviva agli affari, ebbe un’amante fissa (Lina Lardi, che gli diede il figlio naturale Piero), un figlio (legittimo) Dino, che morì giovanissimo di distrofia muscolare.
Costruì un impero sui motori, dando vita alla Ferrari dopo la guerra, col cavallino rampante nero su campo di grano giallo (si dice che fosse ispirato al simbolo che Francesco Baracca, celebre aviatore, poneva sui suoi aeroplani, durante la Prima Guerra Mondiale). Una vita “bigger than life“, per dirla all’americana, per un uomo dalla personalità media, addirittura rozza, eppur dalla costanza e dal desiderio infiniti.