Spread, PIL e Tassi: Le agenzie di rating non hanno più dubbi | Questo è il futuro dell’Italia

 Il 2024 sarà l’anno cruciale per il Belpaese: salvo sorprese, sarà infatti “l’anno del Patto”, ovvero quello di Stabilità targato U.E.

Patto che sarà rinnovato (a quanto pare) con maggiore flessibilità, anche se difficilmente allentato, per quanto riguarda le regole di bilancio di base.

Spread, Italia a rischio sui mercati internazionali – Photo web source

Il quadro  programmatico di finanza pubblica è difatti in netto deterioramento, e non sono bastate le mosse del Governo italiano per rassicura i mercati.

Il PIL non tira più

Per l’anno in corso si prevede un rapporto debito/Pil ormai al 137,4%; per il prossimo anno del 137,5%, per il 2025 addirittura del 137,4%: sono numeri decisamente preoccupanti. Al netto di sostegni governativi, difatti, i policymaker europei sono particolarmente interessati a vedere cosa cambierà (se cambierà): nel 2024 e nel 2025, il rapporto debito/Pil calerà lievemente, fino al 139,9 per cento, anche grazie ad un parziale utilizzo delle disponibilità liquide del Tesoro, con l’avvio di un piano di dismissioni di partecipazioni dello Stato. Ma basterà per tranquillizzare i mercati?

Nello specifico, sul rallentamento della crescita pesano sia i diversi fattori che influenzano gli andamenti della finanza pubblica, sia l’impatto sul saldo primario delle annate 2024 e  2025, derivante dalla prossima manovra di finanza pubblica: tradotto dal tecnicismo burocratico, le prossime leggi di bilancio nascono già con un deficit implicito, il che riduce lo spazio di manovra.

Tassi e percentuali

Il tasso del BTP decennale è arrivato a quota 4,78%: lo scorso 19 gennaio era al 3,77 %. Dal Tesoro fanno sapere che “il recente aggiornamento delle stime di consuntivo dell’Istat ha rivisto al rialzo il livello del Pil nominale di 37,3 miliardi nel 2022″: conseguentemente, le stime di pre-consuntivo degli interessi al passivo sono riviste in chiave migliorativa negli anni del biennio 2021-2022 (rispetto ad aprile). Ciò significa che la spesa per interessi passivi sul debito è scesa al 3,8 % nel 2023, per poi tornare a salire fino al 4,6 % fino al 2026 (fino a superare quota 100 miliardi).

A rendere maggiormente uterini gli investitori internazionali è la scelta di ricorrere ai titoli statali per rendere autonomo il debito italiano sul piano internazionale: il problema è che non si può pensare di piazzare titoli sul mercato “al dettaglio” solo per finanziare i costi dello Stato. Fa riflettere poi la scelta del Tesoro di implementare le emissioni di titoli nel quarto trimestre dell’anno: da 320 miliardi a 333 miliardi. Il che non è un bel segnale, dato che può significare sentire l’incertezza, accrescendo la vulnerabilità sul mercato, con meno risorse per la crescita.

Spread sulla rampa di lancio

Lo spread fra BTP e Bund è più sottile di un anno fa, ma è altrettanto vero che ciò che conta è a che tasso il Tesoro si inserisce sul mercato dei titoli statali: per i BTP siamo ormai ai massimi dal 2012 (con l’avvento di Mr. Monti). Ovviamente non aiuta il rialzo dei tassi da parte della Banca centrale Europea (450 punti, da luglio 2022 a oggi), ma il rischio per il Belpaese è evidente: ed è proprio quello che stanno prendendo in considerazione anche le agenzie di rating.

Il 20 ottobre inizierà S&P Global (outlook da stabile a negativo); il 10 novembre toccherà a Fitch, (probabile il declassamento del debito italiano); dopo una settimana (il 17 novembre), sarà la volta di Moody’s: l’outlook è purtroppo negativo, col rating ad un passo dal livello “junk” (spazzatura). Il declassamento dell’Italia sarebbe un bel problema, col rischio commissariamento europeo a pencolare sul capo del Governo.

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