Vulgata vuole che l’ottimo avvocato sia per metà scaltro principe del foro, per altra mago del cavillo impossibile. Eppure la magia è viepiù prosaica, non s’invoca di certo il fato con riti propiziatori o fumose e complesse liturgie, magari invocando Lari, al riparo degli altari.
Ma qualcosa deve esser sfuggita di mano all’avvocatessa Barbara Raimondo, in quel di Genova: avrebbe contattato una sedicente maga per approntare un rito esoterico, in pieno stile voodoo, onde “uccidere” un’anziana milionaria, sua amica, per di più sottoposta alla sua curatela legale.
È solo voodoo, Vostro Onore
Ora vi chiederete come sia possibile che una professionista, una giurisperita di lungo corso, pensi di far fuori una povera assistita con una bambola di pezza infilata di spilli, due cantilene da negromante e candele a buciar incenso e dignità: l’avvocato Vaccari, che al rito caraibico non crede minimamente, ne ha assunto la difesa in modo tranchant: “La Raimondo mia assistita crede alle maghe, ma riteniamo che in appello questa accusa venga meno: francamente è tutto molto difficile da dimostrare“.
Appropriarsi dei beni dell’anziana per testamento avrebbe significato attender troppo: che la natura facesse il suo corso, alla Raimondi non pareva equo: meglio affrettar tempi e modi, dunque via libera al voodoo style e tanti saluti all’amica; in soldoni, la bambola e gli spilli servivano per accelerare le pratiche mortuarie, visto che quelle mondane non sortivano effetto.
Reati a go-go
Ma oltre al rito strampalato, inscenato su suo mandato, l’avvocatessa ha dovuto difendersi dalla ben più grave accusa di peculato e falso, per essersi appropriata fraudolentemente di alcuni beni della donna. Anche stavolta, l’avvocato Vaccari è sicuro che “la nostra assistita ha agito con leggerezza, ritenendo di avere la disponibilità di questi beni.”. È pur vero che, una volta scoperta, la professionista ha cercato di risarcire l’amica, volendo donarle alcune proprietà immobiliari, tra santa Margherita e Genova, ma la parte offesa ha rifiutato sdegnosamente.
Ma questa storia, degna d’un copione alla Mario Monicelli in libera uscita, in termini volgarmente giudiziari, cosa ha comportato? Una ricca condanna a 5 anni (almeno in primo grado), cui si conta di rimediare in appello.
Reato impossibile
Già, perché il Tribunale di Genova non ha creduto alla buona fede dell’avvocatessa-voodoo, infliggendole la condanna (per peculato e falso in concorso), aggiungendo la beffa di una misura di sicurezza ex art. 49 codice penale: 18 mesi di libertà controllata per la vicenda della magia nera. I profani ben diranno: ma il reato dov’è? Non c’è, perciò si parla di “reato impossibile“: l’avvocatessa avrebbe tentato di uccidere in modo “totalmente inidoneo” l’amica, non potendo produrre esiti letali con una condotta inesistente. Tradotto dal giuridichese, nessuna pena da infliggere, al massimo una misura di sicurezza, per la pericolosità sociale dimostrata dalla nostra squinternata avvocatessa.
Di certo la nostra eroina ha fatto filotto: niente più amica, niet quattrini, nada de nada: radiata dall’albo ed interdetta dai pubblici uffici, non le resta che appellarsi alla magia. Sperando che non sia nera, almeno stavolta.