L’effetto pandemia sulla salute degli Italiani si è fatto sentire anche sul portafoglio: liste d’attesa allungate a dismisura e cure sempre più care.
Due italiani su tre sono ormai costretti a rivolgersi alla sanità privata, aggravando i costi per prendersi cura di sè e dei propri cari.
La pandemia ha allungato le liste d’attesa, i costi lievitano e l’inflazione sanitaria galoppa: basta farsi un giro sul web, per rendersi conto di come sia esploso il fenomeno; listini e prezzi in bella evidenza, con i motori di ricerca impegnati in una gara per trovare il prezzo più basso da evidenziare per ecografie, tac, esami e visite specialistiche. Impennata anche per le visite cosiddette intramoenia, ossia quelle effettuate dai medici ospedalieri pubblici in forma privata, dentro gli stessi nosocomi (aumenti tra il 10 e il 20%, a seconda della specialità medica richiesta).
E i farmaci? Balzo in avanti anche per le amate pilloline, con rincari di oltre il 10% per prodotti da banco più utilizzati; inoltre, il prezzario per gli accertamenti diagnostici in alcuni grandi gruppi sanitari privati è aumentato in media del 25%, con il picco toccato dalle cure dentistiche, più costose del 30-40%. Insomma, un vero salasso.
A guardare le statistiche Istat, nel triennio 2020-22 si è avuto un incremento dei prezzi per le cure pubbliche del 2,5 %, più accentuato per i servizi ambulatoriali (più 3,3%) e per i ricoveri (più 3%): il vero problema è l’allungamento a dismisura delle liste d’attesa, che ha portato la popolazione a scegliere la sanità privata oppure di rinunciare in toto alle cure, se in stato di indigenza. La medesima prestazione privatistica può lievitare di oltre il 500% da una struttura all’altra, a seconda delle zone e delle regioni di riferimento: eppure rimane soltanto il mondo privato cui rivolgersi per avere effettivo accesso alle cure mediche (si calcola che il 70% di chi necessitava di una visita e il 60% di chi doveva fare un esame diagnostico si sia rivolto al privato).
A Torino, ad esempio, una semplice gastroscopia può variare dagli 800 ai 1.320 euro, a seconda del centro; a Milano si passa dai 95 ai 620 euro per una risonanza magnetica alla schiena, mentre a Napoli, una visita dal ginecologo può costare da 40 a 150 euro, con una differenza pari a circa il 400%. Le differenze di prezzo sono molto elevate anche per esami generalmente poco costosi come l’elettrocardiogramma: si pensi che a Bari si va dai 15 ai 60 euro. Una situazione a dir poco drammatica, che allontana il Sistema Sanitario Nazionale dal cittadino, sempre più solo e costretto a curarsi da sè, spendendo cifre folli per la propria salute (e sempre che possa sostenere la spesa)