La Saudi Pro Legue è la lega calcistica del momento: sponsorizzata dal colosso immobiliare saudita, vero gigante del real estate, è l’espressione del famoso fondo sovrano PIF.
Il PIF (Public Investment Fund) è uno dei più grandi fondi sovrani del mondo, con un patrimonio totale di circa 776 miliardi di dollari immobiliare saudita, di proprietà dell’Arabia Saudita.
Quello appena iniziato è il torneo extraeuropeo (18 i clubs) con più stelle calcistiche di primo piano: solo negli ultimi mesi sono arrivati nella terra degli emiri oltre 50 giocatori da Europa e Sud America, per una spesa di quasi 450 milioni di euro (per i cartellini dei giocatori), cui si aggiungono ben 750 milioni di stipendi annui. Ad aprire le danze ovviamente Sua Maestà Cristiano, il secondo Ronaldo, arrivato gratis all’Al Nassr di Riad, ma con un contratto di 200 milioni a stagione, una cifra impensabile per un comune mortale.
A seguire il fresco Palllone d’oro Karim Benzema, con un ingaggio fra i 50 e i 100 milioni (compresi bonus e diritti d’immagine), gli ex “italiani” Kalidou Koulibaly, Marcelo Brozovic, Milinkovic Savic, Kessie, nonchè le stelle di Premier e Bundesliga come Firmino, Sadio Mané, Henderson, Fabinho e Kanté; più una manciata di campioncini di seconda fascia, come l’attaccante brasiliano Malcom dallo Zenit, il portoghese ex Wolves Ruben Neves o la punta del Lione Moussa Dembélé.
I milioni a profusione, senza apparente limite, attirano i giocatori come api sul miele d’Arabia: per ogni club sono ammessi 8 stranieri, e le prime quattro grandi squadre (Al Nassr e Al Hilal di Riad, Al Ahli e Al Ittihad di Gedda) hanno due posti ancora vacanti, mentre le altre 14 società, tutte di proprietà del Ministero dello Sport (però in via di privatizzazione) hanno a disposizione più di 20 posti ancora liberi: tutto ciò fa credere che il mercato a strascico, con le reti dei petroldollari da gettare in Europa, sia ancora aperto, pronto alla pesca miracolosa (per i giocatori, di certo).
Ma lo scopo di questo folle shopping calcistico va anche al di là del mero dato sportivo: il PIF vuole difatti sviluppare l’Arabia Saudita anche a livello economico, culturale, sociale. Ed il calcio è un tassello fondamentale, se inteso come puro entertainment, intrattenimento delle masse: in questi ultimi anni i paperoni sauditi hanno investito sui motori (F1 e Offshore in primis), golf, tennis, cricket e sport in generale.
Gli Arabi hanno difatti una precisa strategia: la “Vision 2030”, lanciata nel 2016, fortemente voluta dal principe ereditario bin Salman Al Saud, ha come obiettivo l’emancipazione dalla unica e sola dipendenza petrolifera, con la pretesa di lanciarsi in altri settori, in primis sport e turismo, per creare ricchezza ed indotto su scala globale. Tutto ciò ha dunque fatto sì che i riflettori si accendessero adesso sul calcio, i cui talenti a frotte vengono a svernare in Arabia in cambio di fiumi di denaro: e la succulenta esca non attira soltanto i giocatori.
Basti pensare solo all’ultima telenovela dell’estate, protagonista l’ex c.t. della nazionale azzurra: Roberto Mancini è letteralmente scappato dall’Italia, seguito da polemiche a non finire e critiche a strascico, inseguendo il suo personale eldorado arabo. Per un contratto quadriennale da 100 milioni di euro è un inconveniente che si può superare.