Mbappè d’Arabia: “l’affaire monstre” sconvolge il calcio?

“Mbappè d’Arabia”. Fosse un colossal cinematografico, mai titolo sarebbe più azzeccato di questo.

Questo perchè le proporzioni dell’operazione che coinvolgerebbe il calciatore francese, in pista di lancio per il campionato saudita, sono fuori non solo dal mercato, ma anche da ogni logica economica (persino per gli standard dei clubs “arabi”).

Parliamo arabo

Da qualche anno il calcio che conta, quello dei “ricchi”, parla decisamente arabo: i fondi statali dei paesi del Medio Oriente fanno shopping compulsivo (ormai da qualche decennio) nei campionati europei, e la cosa non ci stupisce più di tanto, ca va sans dire. Comunque sia, la possibile compravendita del fuoriclasse parisien stravolge ogni concetto di decoro finanziario: parliamo infatti di una cifra folle, un impegno che sfiorerebbe il miliardo di dollari. Dunque che logica può avere un’offerta simile? E soprattutto, come il talento di Mbappè potrà creare un ritorno economico tale da pareggiare questa cifra mostruosa?

Apparentemente non sembra esserci alcuna proporzionalità contrattuale, nessun equilibrio possibile tra domanda ed offerta delle controparti in gioco: e quando non risulta chiara la convenienza  (suscettibile di valutazione economica) dell’affare, bisogna pur ricercarne la causa, in termini giuridici.

Trofeo Mbappè

Trophy assets. Potrebbe essere la parola chiave dell’operazione: in economia esistono i cosiddetti “trofei”, quei beni rari, dunque preziosissimi, che risultano esser unici, suscettibili di valutazioni al di fuori delle logiche sinallagmatiche alla base dei contratti. Beni che si ammantano di univocità, con un valore intrinseco non classificabile, nè stimabile secondo una scala preordinata di valori e che generano un ritorno economico notevole per il solo fatto del loro possesso.

Un’opera di un artista famoso, un particolare cimelio appartenente ad uno sportivo illustre, un oggetto unico: beni da collezionisti disposti a sborsare cifre folli per aggiudicarseli: e il paragone con Mbappè calzerebbe a pennello. Il francese è un talento unico, un asset particolare, dal valore incommensurabile. Forse però c’è anche un quid pluris.

Braccio di ferro tra PSG e Mbappè – Photo web source

Arabi padroni?

E già, perchè cedere Mbappè consentirebbe al Paris Saint Germain di eliminare un notevole costo, risolvendo la grana mediatica dell’estate, e realizzando una plusvalenza milionaria che garantirebbe la soluzione di alcuni problemi legati al fair play finanziario. E tutto questo grazie all’intervento di un fondo sovrano arabo, che verrebbe in soccorso di un altro fondo sovrano arabo, che possiede il PSG. Ma il vero problema è proprio l’ingerenza economico-finanziaria dei fondi sovrani statali, così potenti da sfuggire a qualsiasi controllo del mercato, nonchè ad ogni regolamento: ricordiamoci che nel Trecento, i banchieri fiorentini fallirono in blocco per aver prestato denaro al Re inglese Edoardo III.

Il sovrano pensò bene di incassare e non onorare: i fiorentini avrebbero solo potuto dichiarare guerra all’Inghilterra, andando incontro ad una disfatta totale. Questo per dire che i fondi sovrani possono facilmente ignorare le regole comuni per i privati, delle società calcistiche in primis: se dovessero “comprarsi” il calcio, gli enti regolatori, come la UEFA, sarebbero semplicemente svuotati di contenuto.                                                    As-Salaam-Alaikum, Kylian Mbappè!

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