Longevità fa rima con salute? Ecco cosa dicono gli studi

Come il vecchio adagio suggerisce, “prevenire è sempre meglio che curare”: e ciò è valido soprattutto nella nostra società capitalistica occidentale, che continua ad invecchiare.

Ovviamente non si può impedire al corpo di invecchiare, ma si possono rallentarne gli effetti sulla salute dei cittadini.

Effetti sociali

Lo stato di buona salute della cittadinanza ha effetti sulla tenuta economica della società stessa e, di conseguenza, sulla sostenibilità del sistema sanitario in termini contabili. Le statistiche ci dicono che, nel mondo, troppi soggetti under 70 muoiono a causa di malattie croniche non trasmissibili  (un individuo ogni due secondi): parliamo di patologie cardiache e polmonari, tumori, diabete di tipo 2, Parkinson, Alzheimer, depressione e malattie neurodegenerative. Un quadro desolante, se si pensa che un corretto stile di vita potrebbe fortemente ridurre l’incidenza della mortalità dovuta a tali fattori. L’età biologica, difatti, corrisponde sempre di meno a quella anagrafica: la longevità però non significa molto (almeno in termini socio-sanitari), se non accompagnata da uno stato di salute generale della persona.

Sostenibilità a rischio

Come detto, le malattie non trasmissibili rappresentano una notevole spesa per i paesi occidentali: assorbono circa il 70-80% del budget sanitario complessivo, causando una significativa perdita di produttività, per una stima di valore che si aggira sui 47 mila miliardi di dollari tra il 2011 ed il 2030. Nel numero dei costi computati, anche le spese sanitarie affrontate dalle famiglie dei malati: in Italia, ad esempio, secondo uno studio della Bocconi, le malattie degenerative provocano danni per un valore medio che raggiunge quota 128.500 euro.

E’ però vero che, a livello globale, se si investissero 18 miliardi dollari entro il 20230 per la prevenzione pubblica, si genererebbero 27mila miliardi di benefici economici nei sette anni successivi: secondo un calcolo effettuato dall‘Organizzazione Mondiale della Sanità si eviterebbero poi almeno 39 milioni di morti per le suddette patologie.

Lo sport come una medicina – Photo FreePik Premium

Sport uguale medicina

Sono numeri decisamente impressionanti, soprattutto se consideriamo che basterebbe poco per fare la differenza: sarebbe difatti essenziale la prescrizione di esercizio fisico (anche moderato), al pari di quello che si fa con i farmaci. In Italia, ad esempio, se riducessimo dell’ 1% la percentuale dei sedentari tra i 15 e i 74 anni, il valore aggiunto per il Belpaese  oscillerebbe tra i 71 e 127 milioni di euro, sempre secondo le stime bocconiane.  Ove poi eliminassimo i sedentari italici (circa 16 milioni di individui), trasformandoli in moderati sportivi, i benefici sociali ed economici toccherebbero la quota minima di circa 5,9 miliardi, con la massima attestantesi sui 12,5 miliardi di euro. In pratica, un bel risparmio per i nostri disastrati conti pubblici.

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