Depositate le motivazioni della sentenza di condanna per Davide Fontana: trent’anni paiono pochi per l’efferatezza del crimine.
“Il processo è stato fatto a mia figlia Carol, non a chi l’ha uccisa”: queste le parole della madre della Maltesi.
Si dice sconvolta, Giuseppina, madre di Carol Maltesi: gli avvocati le hanno appena comunicato le motivazioni della condanna relative all’omicidio di sua figlia. Trent’anni di reclusione, invece dell’ergastolo richiesto dalla Procura, per Davide Fontana, il suo ex, che l’ha prima uccisa e poi ne ha smembrato il cadavere: una brutalità che sconvolse il piccolo centro di Rescaldina, ad una manciata di chilometri da Milano. Il corpo della povera ventiseienne fu ritrovato circa tre mesi dopo, in alcuni sacchi dell’immondizia nascosti alla men peggio nei boschi limitrofi.
Le motivazioni seguono il dispositivo della sentenza, emesso a giugno dalla Corte d’Assise meneghina: i giudici scrivono che il killer, pur nella dinamica violenta, avesse una sua motivazione precisa, quando “si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo aveva usato” .
Queste le parole del padre della vittima, quando circa un mese orsono è stata emessa la sentenza: parole cui fanno eco quelle della madre di Carol e che si ritrovano anche nei commenti dell’avvocato Rago, difensore di parte civile nell’interesse dell’ex compagno e del figlio della vittima: “Se Carol fosse stata la commessa di prima, attività che svolgeva ante pandemia, a parità di circostanze, al signor Fontana sarebbe stato comminato l’ergastolo”.
Difatti, da qualche tempo la ragazza aveva intrapreso la carriera di pornoattrice, aprendo un profilo su OnlyFans e girando alcuni video a contenuto hardcore con lo stesso Fontana: pare poi che volesse trasferirsi, interrompendo le attività e la relazione con l’omicida, per stare più vicino al figlio, che viveva in Veneto con il padre, suo ex compagno.
Da quanto depositato, parrebbe che per gli estensori delle motivazioni non potesse configurarsi la premeditazione, ovvero l’aggravante dei futili o abbietti motivi: eppure una brutale esecuzione, con il sezionamento annesso del corpo straziato, avrebbero dovuto far propendere per l’ergastolo, invece che per una condanna a “soli” trent’ anni di reclusione. Il movente di Fontana non fu, dunque, particolarmente crudele o offensivo: nessuna gelosia, dato che i giudici scrivono che la ragazza intratteneva più relazioni sessuali al contempo, gestendo un profilo ad alta gradazione pornografica su una piattaforma social.
Solo un calcolo a mente fredda, dunque, per un uomo che si sentiva tradito dal possibile allontanamento della vittima: Fontana si “rese conto che ormai, dopo averlo in qualche misura usato, Maltesi si stava allontanando da lui, scaricandolo“, portandolo dunque a meditare una vendetta nei confronti della ventiseienne, punendola con una sentenza di morte senz’appello.