I nutrizionisti e i medici portano avanti, da anni, la lotta a quello che viene definito il “cibo spazzatura”. Si tratta di alimenti super lavorati che possono solo che farci male.
Sono, effettivamente, dannosi per la nostra salute perché impattano sul nostro senso di appetito, sui nostri ormoni portandoci così ad un aumento di peso e a un’alta probabilità di obesità.
Non bisogna mangiarli mai, nemmeno una volta ogni tanto? Ecco cosa dicono gli esperti.
Alimenti ultra lavorati: quanto fanno male?
Il cibo ultra lavorato è quello che fa più male al nostro organismo. L’abbiamo sempre saputo, ce lo ripetono in continuazione da ogni parte…eppure è quello che ci attira sempre di più. Lo mangiamo perché ci piace, perché sazia il nostro appetito, anche se sappiamo bene che fa male al nostro corpo e non poco.
Stiamo parlando di cibi confezionati quali “cereali, snack, surgelati che sono stati raffinati, pestati, riscaldati, sciolti, modellati, deformati e confezionati con ogni genere d’additivo”, come descrive a sua volta, un articolo del Washington Post. Questo perché sono sempre di più le ricerche che portano come risultato a farci osservare come questi cibi, industrialmente lavorati, possono avere degli effetti negativi sul nostro corpo.
Alimenti che, sono anche definiti, “ultra lavorati”. Perché? Alcuni di essi sono progettati per superare l’indice di sazietà e invogliare a mangiare ancora facendoci aumentare di peso.
Per questo motivo sono molti i paesi nel mondo che stanno iniziando a pubblicare delle vere e proprie linee guida dietetiche per invogliare, consigliare ed educare tutti i cittadini a non includere, nella loro dieta quotidiana, proprio questi tipi di alimenti. Basti pensare che, solo negli Stati Uniti, gli alimenti ultra-elaborati costituiscono il 58% delle calorie consumate dalle persone. Da questo dato, gli esperti stanno indagando sul legame che intercorre tra alimenti ultra-elaborati e obesità che, proprio negli Stati Uniti, è una vera e propria piaga sociale.
Dal canto suo, l’industria alimentare si difende: “Gli alimenti trasformati in genere aiutano a produrre alimenti più economici, disponibili e accessibili” – a dichiararlo è il responsabile scientifico e tecnologico dell’Institute of Food Technologists, che giustifica il tutto anche affermando che “le tecnologie di lavorazione su scala industriale aggiungono valore, sicurezza e nutrizione riducendo costi, perdite e sprechi”.
Sappiamo, effettivamente, cosa mangiamo?
Non è sempre così, perché basti pensare che, specie su molti alimenti ultra lavorati che dovrebbero contenere cereali e fibre, in realtà di questo ne contengono molto poco. Sono, infatti dei rulli in acciaio ad alta velocità a spezzare e a trasformare il grano in farina e, in alcuni casi, i chicchi vengono anche raffinati.
Ciò fa sì che vengono rimossi i loro componenti ricchi di fibre e sostanze nutritive (come la crusca e il germe) e al loro posto si utilizzano amidi raffinati “per addensare e migliorarne il gusto al palato”. Questo è il caso dei budini, delle salse e dei condimenti per insalata.
Se questo fa davvero male al nostro corpo, c’è chi invece permette che tutto ciò vada avanti, in quanto arricchisce l’industria alimentare stessa, una delle più ricche in assoluto. Un circolo vizioso dal quale è difficile uscirne.