Il nome forse a molti non dirà molto: eppure questo economista, nonché analista militare, è stato uno degli uomini più “odiati” da Washington.
A sentir Henry Kissinger, era senza dubbio considerato “l’uomo più pericoloso per gli Stati Uniti d’America”.
Il 92enne Daniel Ellsberg è stato difatti la “gola profonda” all’origine dello scandalo dei Pentagon Papers, ovvero la clamorosa fuga di notizie sulle operazioni militari in Vietnam. Ellsberg, dopo la laurea ad Harvard, divenne un consulente stabile del Pentagono, un vero “geniaccio”, membro di un’elite di brillanti analisti e consulenti reclutati da Robert McNamara, segretario della Difesa durante gli anni Sessanta.
Verso la fine dei ’60 però divenne molto critico nei confronti delle operazioni militari portate avanti dagli U.S.A. nella guerra del Vietnam: nel 1969 l’analista iniziò a fotocopiare numerose pagine secretate, fino a confezionare un corposo dossier di circa 7mila pagine, con la rivelazione delle strategie del governo americano (soprattutto in campo internazionale e militare), fin dai tempi di John Fritzgerald Kennedy.
Dopo un accurato lavoro di analisi, durato mesi, Ellsberg, nel 1971, decise di prendere contatti con il New York Times, tramite un suo diretto contatto, il giornalista Neil Sheehan, con cui aveva stretto rapporto proprio in Vietnam: si verificò una delle più grandi fughe di notizie della storia americana, che prese il nome in codice di “Pentagon Papers”.
Decidere la pubblicazione di documenti riservati, nel clima tempestoso di quegli anni, fu una operazione assolutamente coraggiosa, nonchè rischiosa (in primis dal punto di vista legale, trattandosi di documenti riservati): una storia di libertà, trasparenza e massima critica, raccontata anche al cinema da Steven Spielberg, nel bellissimo “The Post” del 2017.
I Pentagon Papers, una volta pubblicati, provarono all’opinione pubblica che diversi Presidenti U.S.A. avevano deliberatamente mentito al popolo americano, nascondendo la verità sul conflitto in Vietnam e sull’andamento disastroso della guerra, tra vittime in eccesso e spese folli per l’ equipaggiamento e le armi da inviare al fronte.
Gli ultimi lustri per Ellsberg sono trascorsi all’insegna di un continuo impegno pubblico antimilitarista, a favore della risoluzione pacifica e diplomatica dei conflitti internazionali: e’ stato difatti sempre molto critico verso l’amministrazione di Washington, ed in particolare verso la politica di George W. Bush e contro l’intervento USA in Iraq.
Da ultimo, il pacifista Ellsberg si è scagliato anche contro l’intervento americano a favore dell’Ucraina, sostenendo che la via diplomatica sia la sola da preferire e dichiarando polemicamente che “una guerra evitata è redditizia tanto quanto una vincente”. Insomma, per il Nostro il primo obiettivo internazionale da perseguire per uno Stato, resta pur sempre la ricerca della pace.