Una convinzione ossessiva in una mente traviata dall’abuso di farmaci e stupefacenti. Questo sarebbe alla base del dramma familiare che si è consumato pochi giorni fa nel paese originario di un’altra vittima della follia, Giulia Tramontano.
Una storia di paranoia familiare, di persone legate dal sangue, e purtroppo, nel sangue finita. Era sicuro che il genero e la nuora avessero una relazione. Da punire con la morte.
Come un temporale. Improvviso, tumultuoso, ossessivo: cosa sia balenato nella mente di Raffaele Caiazzo, 44 anni, da San’Antimo ( popolosa provincia nel napoletano) non è semplice da comprendere. Un cortocircuito, un buco nero che ha inghiottito un’intera famiglia, un gesto plateale per punire una (solo presunta, non comprovata) relazione sentimentale tra suo genero, il 29enne Luigi Cammisa, e sua nuora, Maria Pesacane di anni 24 . Nei gironi a bolgia della sua mente offuscata, Caiazzo covava l’annientamento: di quei due “traditori”, della vergogna familiare, dello “scuorno” di chi poteva sapere, vedere, immaginare; unica pena possibile, una sentenza capitale.
Una psicologia tormentata, quella di Caiazzo, assuntore sistematico di stupefacenti, facilmente suggestionabile: non si è posto il minimo rovello, un piccolo dubbio, rispetto a ciò che poteva essere, ma di fatto non era. I figli gli avevano più volte giurato che nulla covava sotto la cenere familiare, i due cognati non tramavano, nessuno voleva portare la vergogna in casa: più volte lo avevano affrontato, dandogli del bugiardo, del paranoico, minacciandolo di tenergli lontano i nipotini, se avesse continuato in quel suo delirio.
Sant’Antimo è un paesone di poco più di 32mila anime. E’ il paese d’origine di Giulia Tramontano, la donna incinta del piccolo Thiago, trucidata dal suo compagno, il trentenne Impignatiello: il Sindaco ha deciso di far sfilare una fiaccolata, in ricordo della giovane, contro la violenza, contro i soprusi in famiglia. Ma a Caiazzo tutto questo non interessa, ha in mente l’onta, l’ombra che offusca la sua pace familiare, il presunto, delirante, tradimento dei due cognati: si presenta armato a casa del figlio, in via Caruso, dove sa che troverà la nuora e i nipotini (di 4 e 2 anni).
Il figlio non c’è, è già al lavoro, non può fermare quel suo padre assassino, che apre il fuoco, a bruciapelo, contro Maria Pesacane, mentre i suoi nipotini dormono ancora, ignari nei lettini. Fugge via, si dirige nella piazza principale, dove sa che passerà l’altra vittima, Luigi Cammisa: il giovane ha appena accompagnato i bimbi a scuola, cammina sereno, pronto ad una giornata di “fatica”; fa il muratore, ma non arriverà mai in cantiere. Caiazzo lo intercetta, lo chiama, fa fuoco. Uno, due, tre colpi, con Luigi che stramazza al suolo.
L’assassino vaga senza meta, il suo furore è spento, l’onore “offeso” vendicato: si presenta dai carabinieri, confessa freddamente, nessuna spiegazione, a parte quella, ossessiva, della vergogna da mettere a tacere. Qualcuno aggiunge che fosse gelosia, l’erinni a muovere la sua mano armata: si sarebbe invaghito di Maria, la nuora, la prima vittima, e non voleva che nessuno l’avvicinasse, le parlasse, la sfiorasse. Chissà. Due vite spente, piccoli resi orfani, una famiglia annientata.
Sant’Antimo, la comunità doppiamente ferita, decide di reagire: era già prevista una fiaccolata in memoria di Giulia; gli organizzatori volevano rinviarla, troppo il dolore, troppa la sofferenza. Il sindaco ha deciso invece che c’era un motivo in più, doppiamente tragico, per scendere in strada.