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Non solo l’Ucraina, anche i Balcani sono una polveriera

Grandi manovre nei Balcani per l’esercito serbo, col Presidente Vucic che ha dichiarato lo stato di massima allerta.

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I militari sono dunque in stato d’agitazione, in avvicinamento ai confini con il Kosovo.

La Polveriera

I Balcani sono da decenni una vera e propria polveriera e la decisione presa dalla Serbia è solo l’ultima di una lunga serie di atti bellici o presunti tali, ed è arrivata dopo lo scoppio di alcuni tumulti tra manifestanti e polizia in una città a maggioranza serba sul confine con il Kosovo. Atto di posizione netta, su cui interviene il Ministro della Difesa Vucevic, che ha dichiarato testualmente come “il terrore contro la comunità serba in Kosovo è in atto”, aggiungendo che l’esercito avrebbe fatto di tutto per assicurare la “pace” nella regione.

Il casus belli è stato il lancio di lacrimogeni da parte della polizia nella città di Zvecan, per cercare di disperdere alcuni manifestanti riunitisi davanti al Municipio della cittadina: i partecipanti protestavano contro il neoeletto sindaco (di etnia albanese), cercando di impedire che assumesse la carica dopo l’elezione, con le votazioni fortemente contestate e boicottate dai serbi stanziati in Kosovo.

Pace lontana

Il 23 aprile si è votato in Kosovo per le elezioni municipali: oltre cinquantamila serbi, residenti nella parte settentrionale del Paese, tra cui è ricompresa la cittadina di Zvecan, sono scesi in piazza, contestando il voto, protestando perchè fossero accolte le loro richieste di una maggiore autonomia. Rapporti tesissimi, con i rappresentanti delle istituzioni impegnati in una gara al rimpallo delle responsabilità: si tratta di una battuta d’arresto per la pace così faticosamente conquistata con gli accordi di marzo tra Belgrado e Pristina, cui si era finalmente giunti dopo alcuni mesi di tumulti e manifestazioni, soprattutto grazie alla mediazione internazionale, ad opera di Unione Europea e Stati Uniti.

La rivolta dei Balcani

La polizia del Kosovo ha dichiarato in un bollettino che alcuni dei suoi operatori sarebbero stati feriti dalla folla incontrollata, bersagliati dal lancio di pietre e bastoni: quattro auto delle forze dell’ordine sono state danneggiate e date alle fiamme, dopo un fitto lancio di lacrimogeni. Uditi anche numerosi spari, ma non ci sono feriti gravi.

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Il portavoce del presidente ksovaro, Blerim Vela, ha apertamente accusato il governo serbo, attraverso le sue “strutture illegali e criminali”, di aver volontariamente gettato benzina sul fuoco dei disordini, inasprendo un clima già teso da qualche settimana. “La violenza non prevarrà”, ha dichiarato Vela, “la Serbia è l’unica responsabile dell’escalation di violenza in atto”.  Dopo la guerra in Ucraina, un altro fronte caldo si è aperto nel cuore della vecchia Europa.

 

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Marco Catizone