Il Pandoro, uno dei dolci più amati dagli italiani è al centro di una triste storia. A Verona è andato in scena l’atto finale della storica azienda dolciaria.
Poveri noi, tristi spiriti del Natale che fu, lasciati in attesa d’una epifania zuccherosa che mai più tornerà: la Paluani Spa, storica azienda veronese, fondata nel 1921, è stata dichiarata fallita.
Nata nei laboratori scaligeri all’inizio degli anni ’20, fondata dal Cavalier Giuseppe Paluani, l’azienda impresse il suo marchio sul più celebre prodotto della cultura gastronomica veronese: il pandoro è da sempre sinonimo di festa, balocco per il palato, pane lievitato amatissimo dai marmocchi di mezza Italia: anni d’oro, quelli del dopoguerra, quando il boom economico solleticava gli appetiti italici e le tavole si riempivano d’ogni bendidio.
Negli anni settanta la prima grande crisi, con la cessione di marchio e know-how alla famiglia Campedelli, che amplierà stabilimenti e fatturato, portando la Paluani in tv negli anni ’80, con memorabili spot natalizi all ‘insegna della tradizione, con babbi natale e bambini estasiati alla vista di sua maestà il Pandoro.
Ai fasti al velo di zucchero seguirono le rocambolesche cadute nella polvere dei tribunali: nel 2022 una parte delle quote sociali vengono cedute alla Sperlari (per 7,6 milioni euro), controllata dalla tedesca Katjes International, ma non basta per salvare il marchio: il vortice che avvolge la famiglia Campedelli travolge anche la Paluani, dopo il Chievo Verona, con lo spettro del fallimento dietro l’angolo.
Viene revocato il concordato preventivo coi creditori, si apre il purgatorio: i giudici contestano condotte insufficienti, con “contenute percentuali di soddisfacimento dei creditori”, dato che a fronte di un ammontare complessivo di quasi 82 milioni di euro, viene messa a disposizione la somma di soli 815.660 euro.
Tra gli elementi che hanno contribuito in maniera determinante alla crisi societaria vi sono anche le esposizioni nei riguardi del Chievo Calcio, altra creatura dei Campedelli oramai miseramente fallita tra strascichi e veleni un annetto fa fallito un anno fa: la Paluani (a detta dei vertici aziendali) vantava crediti verso il Chievo per circa 3,5 milioni come quota di finanziamento, con fideiussioni per 11,5 milioni, su un’esposizione debitoria che a fine 2021 rasentava i 6,9 milioni.
Il Chievo, complice la pandemia, vedeva una forte contrazione del proprio fatturato: crollati gli introiti televisivi, chiusi gli stadi, la società era dichiarata inadempiente ed esclusa dai campionati professionistici.Il cortocircuito è stato tale da trascinare anche la Paluani nel baratro del fallimento: saltato il concordato, l’intreccio finanziario determinatosi ha dato la mazzata finale ai pandori che furono.