Annus Horribilis per la Juventus: fuori da tutte le competizioni che contano, con la spada delle penalizzazioni che pende, una dirigenza azzerata.

E un’idea fumosa di calcio, un’incertezza del futuro che appare peggiore della stessa crisi di risultati, gioco e classifica.
Ripartire sì, ma da dove?
Ben 16 sconfitte in 54 partite, praticamente una ogni tre giocate. Ovviamente nel quadro nero (anzi bianconero), rientrano anche le vicende giuridiche, connesse alle logiche kafkiane d’una giustizia sportiva sempre più simile a quella ordinaria, con punti tolti e riassegnati, penalizzazioni espresse e poi rinnegate, fattori che sfuggono a controllo perchè imponderabili, non più arginabili.
Ma c’e di più, anzi di meno: poca certezza sul cosa fare e da dove ripartire, su quali elementi puntare per ricostruire un’idea di futuro o, al minimo, di gioco, di respiro tattico, per un progetto sportivo che risulta oramai naufragato, arenato sui banchi sabbiosi di processi infiniti. E’ la seconda stagione senza trofei, ed appare chiaro come la Juve sia ormai incapace di programmare, ferma nel suo gioco involuto, figlio di un allenatore a corto di fiato, senza idee per trascinare il bolide mezzo ammaccato fuori dal pantano.
Profumo di scudetti
Della squadra campione, cannibale, capace di vincere 9 scudetti filati, rimane solo un vago ricordo, una scia profumosa adesso evaporata: la Juventus è un mostro che mangia sé stesso, una squadra prigioniera di retaggi e convinzioni passate, che gioca per obiettivi che sa di non poter raggiungere, col fantasma dell’ennesimo fallimento ad accompagnarne il cammino.
Si convive quotidianamente con le difficoltà emotive di vicende extra-calcistiche che allungano i propri tentacoli sul verde erboso, con l’annuncio di nuove penalizzazioni che arriva poco prima di metter piedi in campo: qualificazione Champions sfumata, semifinale di Europa League buttata alle ortiche, campionato arpionato, ma comunque fuori dalla sua portata. Una stagione evaporata per le bizze del destino, nell’acribia perniciosa del “conte” Max Allegri, tignosamente aggrappato alle sue idee retrograde, all’ombra dei tribunali e delle Corti d’Appello in fiore. La primavera bianconera è comunque alle spalle.
Largo ai giovani
Unica nota positiva, nello sfacelo di dirigenza e spogliatoio, riguarda l’impiego dei giovani in campo, minutaggio crescente per i “guaglioni”, i ragazzi: Fagioli, Iling, Soulè, Miretti hanno trovato maggiore spazio in prima squadra: Verità anagrafica che appare anch’essa frutto del capriccio del destino, figlia di una casualità accidentale o comunque non cercata volontariamente: lo si deve principalmente ai vari infortuni dei “campioni” titolari, con l’infermeria piena dei vari Pogba, Chiesa, Vlahovic, Milik, Di Maria, etc.
E probabilmente anche per “l’indecisionismo” tattico di Allegri, incapace di trovare il bandolo, mettendo in campo una pletora di formazioni caotiche (oltre 100 diverse) in meno di due anni. La valorizzazione del talento prodotto in casa è di certo un dato positivissimo, quando frutto di programmazione e volontà; contrasta con la strategia, quando figlio del frangente, dell’indisponibilità del momento.

Va da sè che una dirigenza attenta avrebbe poi dovuto contestualmente impedire la svalutazione del proprio parco giocatori, risorse umane pagate profumatamente e che in poco tempo hanno visto il proprio cartellino cadere in picchiata sul mercato. Il futuro bianconero è adesso da ricostruire: i posteri diranno se la gloria rimetterà piede in quel di Torino: per adesso al tifoso non resta che piangere.