Non solo Ramadan: ecco perché il digiuno tocca culture e religioni

Da alcuni giorni per gli islamici è iniziato il tempo del Ramadan, il mese sacro del digiuno, iniziato precisamente il 23 marzo 2023. Un tema, quello del digiuno, che il mondo musulmano ha in comune con i fratelli cristiani e non solo.

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Nel Ramadan, il digiuno che prosegue per tutta la giornata viene interrotto al tramonto, per tradizione con un dattero, che sta a significare il mondo in cui Maometto lo interruppe. Il mese del Ramadan, il cui inizio è segnato dall’avvistamento della luna nuova, è considerato dagli islamici il mese sacro, e in questo sono chiamati ad osservare l’astinenza totale da cibi e bevande e dai rapporti sessuali dall’alba al tramonto. Un tempo che viene così liberato da tutti per essere dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina.

La pratica del digiuno che risale all’antichità

Quella del digiuno, però, è una pratica che mette in comune fin dall’antichità culture e religioni molto differenti. Sembrerebbe superfluo dire che anche per i cristiani esiste la pratica del digiuno, che tuttavia, a differenza di quanto oggi molti purtroppo credono, non si limita a poche giornate, come possono essere il Venerdì Santo o la Vigilia di Natale. Due giornate molto importanti in cui i cristiani sono chiamati a fare piccole ma significative penitenze.

Il Diritto Canonico prevede in realtà che i fedeli cattolici di tutti i riti latini siano tenuti ad osservare contemporaneamente il digiuno ecclesiastico e l’astinenza dalle carni due volte l’anno, il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Nell’antichità, tuttavia, il calendario cristiano prevedeva una ben più diffusa pratica del digiuno, all’incirca almeno due volte a settimana per tutto l’anno. Pratica poi tuttavia modificata dall’istituzione ecclesiastica stessa, che prima l’ha resa consigliata e non più obbligatoria, e poi l’ha ristretta a solamente poche date durante l’anno.

Tuttavia, nel periodo di Quaresima, a cominciare cioè dal Mercoledì Santo, i fedeli cristiani entrano in un periodo di rinunce e penitenze. In previsione della Pasqua si cerca di limitare il consumo di carne e grassi animali. Il fine è quello di rifarsi ai quaranta giorni trascorsi da Gesù nel Deserto, in meditazione e digiuno. Ma anche i quaranta giorni del Diluvio Universale, i giorni di Mosè sul monte Sinai, i quarant’anni attesi dal popolo di Israele prima di raggiungere la Terra Promessa.

La Quaresima dei cristiani e lo yom kippur per gli ebrei

In questo modo i cristiani contrastano le tentazioni della gola affermando la dominazione dello spirito sul corpo, riflettendo sulla propria vita e fede. Facendo così penitenza per i propri peccati, in vista della celebrazione della risurrezione di Gesù Cristo.

Tuttavia, anche nell’antica Grecia vi era usanza di praticare il digiuno, prima di consultare gli oracoli. Così fanno anche i monaci buddisti che praticano il digiuno per la meditazione in periodi precisi. Per gli ebrei, invece, il periodo del digiuno è quello dello yom kippur, in cui si digiuna tutto il giorno. In ogni cultura il fine del digiuno è assimilabile, ed è quello di privarsi del cibo per purificare corpo e spirito, liberare la mente e guardare al proprio Dio, espiando le proprie colpe.

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Diverso è il digiuno che viene praticato in maniera volontaria per scopi politici, come accade sovente nelle vicende dell’attualità, spesso legate alle lotte pacifiste o radicali, e come accadeva fin dalla Grecia antica. Si pensi all’uso di Gandhi del digiuno, rifacendosi alla pratica comune tra i sadhu, gli asceti induisti, contro la dominazione britannica in India.

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