Durante il match tra le squadre del Besiktas e quella dell’Antalyaspor, squadra della provincia turca che lo scorso 6 febbraio è stata devastata dal sisma, i tifosi hanno manifestato in solidarietà con le popolazioni terremotate, prima di scandire cori contro il presidente turco, Recep Erdogan, chiedendone le dimissioni.
Siamo al Vodafone Arena di Istanbul, e questo ha rappresentato l’ultimo tassello di un impegno politico da parte dei tifosi degli stadi turchi, caratterizzate da un marcato dissenso contro Erdogan, che tra pochi mesi dovrà confrontarsi alle elezioni politiche. Rischiando, per la prima volta nel suo ventennio di potere da “Sultano”, di uscirne sconfitto.
La contestazione e il malumore nei confronti di Erdogan sembra infatti trovare voce negli stadi turchi, a dimostrazione che il legame tra calcio e politica in Turchia è sempre stato forse e continua ad esserlo, specialmente quando si tratta di criticare una figura come Erdogan, lui stesso con un passato da calciatore semiprofessionista.
I tifosi del Besiktas hanno criticato ferocemente la gestione da parte del governo turco del dramma del terremoto, già segnata dallo scandalo della mancata vigilanza sugli immobili che erano a rischio sismico. Già la settimana precedente erano stati i tifosi del Fenerbahce a gridare, in coro, pesanti accuse contro il presidente turco: “Venti anni di bugie e imbrogli, dimettiti”, è stato il grido di battaglia.
Proteste che continuano dal 2011, quando durante l’inaugurazione del nuovo stadio del Galatasaray Erdogan, che aveva investito 250 milioni di dollari di spesa pubblica nell’impianto sportivo, si aspettava riconoscenza e invece venne accolto tra i fischi. Si tratta dell’ultima presenza di Erdogan alle partite delle tre principali squadre turche, il Besiktas, il Fenerbahce e il Galatasaray, di cui si dividono la fede calcistica gli abitanti di Istanbul.
Le tre tifoserie delle squadre, infatti, in passato acerrime rivali, hanno deciso di coalizzarsi da qualche anno a questa parte proprio contro Erdogan e la sua svolta “neo-ottomana” e autoritaria. Tanto da creare un fronte comune, chiamato Istanbul United. La risposta di Ankara, davanti alle proteste dei tifosi in crescita, non si è fatta attendere.
Il primo segnale è stato caratterizzato dalla legge 6222 del 2011, con cui il governo turco ha introdotto l’uso di telecamere a circuito chiuso e poliziotti in borghese negli stadi. Poi, nel 2014, è arrivato un nuovo sistema di biglietti elettronici chiamato Passolig, con cui è possibile raccogliere i dati sensibili degli spettatori negli stadi, obbligando per di più ad acquistare i biglietti tramite una speciale carta di credito emessa da un uomo d’affari vicino a Erdogan, Ahmet Calik.
Oltre a questo, c’ha provato l’organismo che rappresenta tutte le squadre del campionato turco, la Union of Clubs, invitando a tenere la politica fuori dai campi da gioco. Risposte tuttavia deboli, a vedere oggi la situazione, che non gioca certo a favore di Erdogan, che ora trema per la possibilità di vedere scalfito quello che pensava fosse il suo potere indiscusso.